Tempo-Canone Z-Sistema

I flagelli, invero, sono una cosa comune, ma si crede difficilmente ai flagelli quando ti piombano sulla testa. Nel mondo ci sono state, in egual numero, pestilenze e guerre; e tuttavia pestilenze e guerre colgono gli uomini sempre impreparati. Albert Camus (esergo a The Pandemic Century di Mark Honigsbaum)

Rivolta del tempo

Senza la precisione indicativa di un’analisi degli anelli nel fusto di un albero tagliato il tempo diventa, senza perifrasi, nella narrazione catastrofica, oggetto. La catastrofe per l’albero è essere tagliato, per il tacchino il tempo ha senso nel momento in cui il suo è finito nel giorno del Ringraziamento, così tutto nell’appartamento, l’appartamento stesso in cui si trovano i protagonisti di The Silence di Don DeLillo (Counting down by seven in the future that take shape too soon). Le pareti trattengono sempre meno calore, le candele si esauriscono lentamente eppure troppo veloci, determinate a spegnersi e diventare altro, la pressione residua dei sistemi idraulici, black mirror adesso, fin troppo pochi momenti prima, luminosi e rumorosi, stabiliscono un nuovo statuto temporale, il nuovo tempo è un conto alla rovescia, la vita urbana contemporanea esaurirà il suo stock intrinseco di vivibilità. I momenti successivi alla catastrofe sono in una scala fluttuante, serve una qualche forma di dendrocronologia sugli stressor genetici dell’inedia, gli alti livelli di catecolamine e i nuovi cicli del sogno e del sonno dei protagonisti sono tutte tracce che archeologi e medici legali di un futuro ristabilito potrebbero ritrovare sui corpi-personaggi. Il frigorifero spento è la narrazione del capitalismo che viene svelata: le risorse sono scarse, l’entropia è una funzione, il regno della polvere su cui riflette Gilgamesh è la nuova antica verità prepotente. Il pianeta e la civiltà aliena del capitalismo che lo abita non viveva oltre la fisica e il tempo esiste in altri modi, secondo altri ordini non umani, fuori dalla coscienza. Il tempo interiore rimane presente, si affianca, una volta che quello della routine si interrompe. Ne l’Ombra dello Scorpione il Generale Starkey comprende, a moltissimi anni dalla lettura, The Second Coming di Yeats. Ora, in quell’attimo, riconosce la verità di quei versi “the center cannot hold“, parole e immagini che guardavano i protocolli di contenimento e gli ordini esecutivi e scuotevano la testa, mormorando che le cose diventano pezzi. Solo un attimo per Starkey per comprendere non solo l’ineluttabile ma che ha sempre saputo che la sua azione sarebbe stata vana, di non poter fermare il tempo della fine in un’incompleta e parziale cognizione che il prima si è concluso e il post-apocalisse sta arrivando. Tra i due momenti e rispettive e relative forze inerziali, materiali e narratologiche, c’è un vuoto e Starkey ne coglie appena la presenza-assenza, il suo senso profondo nascosto. Forse è il male che impedisce a Starkey come ad altri di vedere, intercettare il momento e impedire davvero la fine colmando il vacuum narrativo, dire le parole giuste così che il falco comprenda, fuori dagli schemi dell’addestramento, della routine, dell’esperienza precedente, il falconiere. Flagg deve essere la rappresentazione di drive e bias cognitivi umani; troppo umani per comprendere, quindi adesso, il predatore alfa dell’Olocene è spacciato. Quando è troppo tardi per realizzare, forse perché impossibile, non rimane che il tempo di attraversare autostrade a passo d’uomo, prima che i legami chimici della benzina, del gasolio, della polvere da sparo decadano trasformando quelle cose in altro, non più utili, mentre tornano alle loro componenti essenziali.

Catastrofe dell’errore

World War Z

Ci sono alcuni motivi storici e legali per dire che il capitano di una nave è uno dei pochi dèi possibili rimasti sulla terra. Un protagonista de I morti viventi di George A. Romero e Daniel Kraus è il capitano di una portaerei americana. Dal suo cognome sappiamo che i suoi ancestors sono giapponesi, ha adottato dei bambini e lo aspettano a casa insieme a suo marito, è caratterizzato come un liberal. Il capitano è competente, conosce ogni angolo e rivetto della portaerei, attento alle statistiche, riservato, un po’ un mistero per chi con lui occupa il ponte di comando. Quando sempre più marinai cadono dal ponte di volo in mare, le comunicazioni con il comando si interrompono, altre navi nel convoglio cominciano manovre insensate e ripetitive, il capitano ignora i segnali, evita il confronto, non dichiara l’allerta. Non vede il nemico e lascia che la ciurma si divida, abbandonata a sé stessa mentre affronta i propri compagni trasformati appena, in zombie. E perde il comando, afferrato dal cappellano della nave che, nella catastrofe, può finalmente rivelare chi è: un mostro, anche ideologico, l’altra America, quella dei sogni neri. Nishimura è un capitano di una portaerei di un altro mondo rispetto a un’altra portaerei, quella in World War Z (film) in uno scenario da apocalisse Z infinitamente peggiore. Il capitano Mullenaro nel film gestisce gli spazi, tutti gli spazi della portaerei mentre quella comandata da Nishimura si svuota, diventa oscura e silenziosa oltre i rantoli degli zombi, permettere zone d’ombra dove mostri e atrocità si propagano; Mullenaro appronta la missione del protagonista e ha ben chiaro che la guerra è cominciata ed è una che prevede efficienza assoluta, spietata. Non subisce il panico da catastrofe, considera la scienza come uno dei tool per vincere, “non c’è spazio per personale non essenziale”. Mullenaro è una funzione narrativa, fa parte del motore dello svolgimento del film e del plot armor del protagonista. Nishimura probabilmente è parte della critica sociale della narrazione romeriana, postura e ideologia, la prospettiva sul mondo di Nishimura è concausa della catastrofe, il suo non dichiarare l’allerta 1, riconoscere il nemico e gridare “ai posti di combattimento” – contro chi, cosa, sarebbe bastato – è un peccato, un crimine da cui il personaggio proverà in seguito a emendarsi. Incarna anche il trope “Military are Useless”. Pronto a uno scontro con la marina cinese e ai suoi missili aircraft killer, su una cattedrale intatta ancora mentre le asimmetrie riconosciute scavano sotto le sue invincibili fondamenta, Nishimura si trova a dover leggere il Libro della Catastrofe ma che non conosce perché ne ignora l’alfabeto. In ritardo, fuor di sesto all’uomo e al personaggio non resta che la fortuna.

Un virus a RNA riproducendosi è soggetto a errori di scrittura delle informazioni. Quando gli errori si accumulano, la competizione per informazioni coerenti e aminoacidi si conclude, la replicazione si conclude.

Qualcosa sul canone

In un apparente contro il canone romeriano il virus Z ne I morti viventi si lancia in zoonosi continue sui mammiferi. Scimmie e cani zombie cominciano ad apparire nei racconti dei sopravvissuti. Negli stessi racconti, insieme alla follia collettiva, sorgono sempre di più opinioni in qualche modo estinzioniste e gaiane: il virus Z è la febbre del pianeta e gli umani il vero virus, l’apocalisse Z è il modo della natura per salvarsi dall’uomo. Eppure la portata biocida dell’apocalisse Z è evidente in quegli animali zombificati. La prospettiva dei sopravvissuti cerca il senso della Catastrofe, la compone come può. La prospettiva soggettiva dei personaggi nel romanzo corale di Romero-Kraus che in buona parte è simile al modello narrativo di World War Z, evidenzia il limite della comprensione, un limite narratologico, delle catastrofi nell’Antropocene, la loro resa in un romanzo. I sopravvissuti cercano e vedono un metodo nel cono di luce sugli eventi a cui hanno assistito, l’inconoscibile viene tradotto in linee narrative che si contraddicono. In tutto il romanzo i non morti sono appena accennati, prima visti appena nella fuga e nella sopravvivenza, poi, anni dopo, vengono relegati a strumenti, armi non viventi, incidenti. Gli zombi, ancora “freschi” del tempo rubato all’umano nel lento consumare delle masse grasse e dei muscoli, si distinguono appena dai vivi. Romero-Kraus ambientano in un’America contemporanea, una dove la narrazione imperiale è in declino e dove quasi nessuno sembra riuscire più a concepire una fact-based reality. I morti tornano a muoversi e si scatena invece che una guerra contro la nuova minaccia, quella che sembra una guerra razziale, una guerra civile, una resa dei conti tra comunità. Non è cambiato quindi molto dalla Notte e poi dall’Alba ma i problemi razziali e sociali non risolti quando i morti si alzano diventano irrisolvibili e nessuno sembra opporsi alla minaccia. Dopo accenni deviati di autorganizzazioni balcanizzate il destino è il collasso. L’autorità riconosciuta sembra essere stata erosa e le sue vestigia sono quelle di un re barcollante, dal corpo nudo e brani mancanti. Things fall apart, armi, divise, catene di comando non servono a niente se non ad aumentare il numero di vittime.  When the dead walk, señores, we must stop the killing, or lose the war, nella sua anti-intuitività parte della soluzione era già proposta, la famosa frase ha qualcosa del rivoluzionario. L’utilità della massima viene messa alla prova finale a conclusione del romanzo.

Due misteri-ambiti rimangono: l’origine del virus Z, la sconfitta della civiltà umana. Questa seconda è quella narratologicamente più interessante perché la meno affrontata. Il cono di luce della prospettiva dei personaggi è chiaramente insufficiente e questo rimane il più oscuro.

Plateau creativo

La serie Fear the Walking Dead comincia il suo svolgimento nelle 4-5 settimane di coma di Rick Grimes, in una megalopoli, Los Angeles. Bastano pochi episodi per comprendere che il progetto di serie non è quello di fare un prequel ma un “semplice” spin off. In breve le situazioni da survival horror della serie principale si ripetono, a cambiare sono soltanto personaggi e location. La curva di apprendimento alla sopravvivenza è velocissima, accelerata rispetto anche a quella dei sopravvissuti nelle prime stagioni di The Walking Dead. L’interregno tra il pre e postapo è quasi inesistente, appena abbozzato. Come in Romero il collasso dello human security system è velocissimo, forse troppo. A giustificazione narrativa di questa velocità in The Walking Dead c’è un trick ucronico: l’eliminazione dello zombie romeriano nella cultura del suo mondo. Nelle case dell’America di Rick Grimes e altri nessuno ha mai visto un film di zombie, Romero e l’Alba dei morti viventi non sono mai esisti in quel mondo. La sorpresa da evento X è quindi massima, assimilabile alla minaccia cognitiva e tecnologica posta da Trisolaris per la civiltà umana dell’Olocene. Uomini e donne nell’Interregno cognitivo e materiale sono alla ricerca di soluzioni, tutte ingannevoli, costretti a imboccare continui vicoli ciechi di un’evoluzione che è troppo lenta, nell’adattamento impossibile. Così i personaggi, a diversi livelli di preparazione e capacità, nelle saghe zombie sopravvivono affidandosi alla fortuna e alle necessità narratologiche: qualcuno deve rimanere vivo per raccontare. L’ambito di svolgimento è standardizzato nel salto da crisi collettiva e poi di gruppo, rifugio, possibili Cozy Apocalypse provvisorie, superiorità degli psicopatici; l’ambito temporale è definito, dal giorno X fino alla fine della capacità esplosiva della polvere da sparo e al decadimento degli ottani nei carburanti.

Come abbiamo fatto

June's clipping wall | The Handmaid's Tale Wiki | Fandom
Handmaid’s Tale S02 E02

I problemi che portano al plateau creativo il romanzo-saga zombie sono chiari: prospettiva del soggetto insufficiente, entropia, tipi e trope fissi del survival horror. In Trump Sky Alpha di Mark Doten la protagonista, Rachel, è una giornalista, richiusa in una stanza, in un albergo di Minneapolis adattato a campo profughi e centro di elaborazione immagini e dati: fuori è l’inizio di un inverno nucleare. I codici sono stati estratti dalla nuclear football, missili a testata sono stati lanciati, l’apocalisse nucleare è compiuta. Setaccia i resti di Internet per trovare cosa a provocato la follia collettiva prima di quella personale di Trump. Ne i Morti Viventi Etta trasforma l’edificio sede dell’American model of lineage and dimensions, dell’Ufficio censimento degli Stati Uniti, in quello che in qualche modo era già: un bunker. Da lì sfrutta la resilienza dei sistemi telefonici per raccogliere. Anche Althea era una giornalista, gira i resti degli Stati Uniti di Fear the walking dead in un MRAP, qualcosa che ha già in qualche modo fatto prima del giorno X: intervista i sopravvissuti, estrae minacce e speranze.

Althea freakish order on Instagram: “she's so badass.” | Walking dead  wallpaper, Fear the walking dead, The walking dead
di Freakish Order

June in Handmaid’s Tale attende nella sede del Boston Globe che un contatto nella “resistenza” venga a prenderla per passare il confine canadese. Ha del tempo, l’edificio in cui si scriveva e stampava il giornale è disabitato come lo è una casa infestata dagli spettri. Forse è per questo che è lì, gli spettri dei crimini commessi dai Figli di Giacobbe tengono lontane le pattuglie dei Guardiani. Studia June, compone su un muro, ritaglio di giornale dopo l’altro, come si è arrivati alla Catastrofe.

Tutti questi personaggi sono in diversi modi guerriere, immuni dal virus del Dominio, sono investigatrici della Fine. Non preservano soltanto storie. Collettivamente, in un metauniverso burroughsiano in cui c’è spazio e lotta per un’ordine, si trovano a gestire un compito superiore ai monaci del Cantico per Leibowitz: scoprendo perché i loro mondi sono caduti, si può impedire che succeda ancora. C’è un romanzo composito nelle ricerca di questi quattro personaggi in cui, alla fine o nel senso complessivo, si trovano le massime e il senso per impedire il collasso, fermare la catastrofe.

Romanzo di Sistema

“Quando Joyce parla di ‘peso, volume e densità’ dell’acqua, penso alle parole come strumento di misura di informazioni o attività, entità da pesare e classificare. Quando scrive del potenziale drammatico e catastrofico dell’acqua, ‘la sua violenza in maremoti, trombe marine, pozzi artesiani, eruzioni, torrenti, mulinelli, straripamenti, piene, onde di fondo, spartiacque, geyser, cateratte, vortici, maelstrom, inondazioni, diluvi, nubifragi’, penso agli spike elettrici che cancellano interi hard disk, ai virus che dilagano in maniera sfrenata, o a quello che succede se avvicino il mio laptop a un magnete potente, che sparpaglia disastrosamente i miei dati in ogni direzione” (Kenneth Goldsmith, Ctrl+C Ctrl+V, scrittura non creativa, Nero editions, 2019).

Il soggetto umano come il personaggio assorbe informazioni attraverso delle finestre e poi elabora ologrammi. Cerca di comporre ma filtri e algoritmi sono insufficienti, proni all’errore, in adattamento e diversa rifrazione. Ha un altro problema, quello del terzo osservatore. Il soggetto-personaggio è all’interno di un insieme, può trovarsi alla sua periferia come al centro ma la sua prospettiva è comunque parziale. L’unico modo per ordinare il flusso informativo è in una narrazione. C’è un romanzo creativo, così come ogni altra illustrazione di evento X e apocalisse, oggi, nell’Era della Catastrofe e degli iperoggetti accelerati, ed è un libro costruibile con qualche trick operativo indicato da Kenneth Goldsmith. Un modello di romanzo che riconosce la narrazione come esercizio di frustrata prossimità, che la prospettiva antropica è non sufficiente.

Un libro di oltre 10.000 pagine, in capitoli composti riportando i livelli di C02 nell’atmosfera dall’osservatorio di Mauna Loa, tutti i rapporti di polizia per disturbo della quiete pubblica e violenza domestica dalle comunità isolate in Siberia, le quantità di carne di foca consumate nell’emisfero settentrionale, i tutorial in tutto il mondo e in tutte le lingue per fare mascherine in casa con oggetti di uso comune e le foto dei protagonisti, i war games di tutti gli eserciti del mondo, le sbobinature delle lezioni sul controllo della folla della Polizia di stato, gli ordinativi e mille fatture di carta igienica delle grandi catene di supermercati inglesi, foto satellitari di risaie e piccoli allevamenti di polli e maiali del Guangdong, il tempo medio delle telefonate ai genitori dagli studenti universitari in America, tutte le previsioni, dalla migliore alla peggiore, sulla giungla indonesiana, le statistiche sulle ore da internally displaced persons in tutto il mondo per eventi climatici “eccezionali”, da adesso in orologi stampati i giorni che mancano per il decadimento dei rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali nucleari francesi, i tempi di evacuazione previsti per l’eruzione del Vesuvio, dal migliore al peggiore, la mappa di tutti i centri di stoccaggio nazionali dei vaccini Covid-19, una mappa con i focolai di peste polmonare dal 1950 a oggi, la struttura urbana di Lagos nel 2050 immaginata e ritratta da diverse autori e autrici, script e copioni di film catastrofici mai prodotti e mai arrivati nelle sale, un piano di ricollocamento dell’intera popolazione della California, un piano di ricollocamento dell’intera popolazione dello Sri Lanka, i messaggi ricevuti dalle Voyager, tutti i tempi previsti per il crollo dei palazzi superiori ai dieci piani senza intervento umano, i tempi massimi previsti di utilizzo di navi da crociera e aerei per voli intercontinentali con i ricambi attualmente stoccati, la lista di tutti gli esseri umani necessari per un reboot della civiltà, nomi cognomi numeri di previdenza o codice fiscale. Ancora.

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