Piccola cosmopoiesi portatile

Per fare worldbuilding la lezione più semplice e al tempo stesso più complessa viene dalle cortecce dipinte degli Aborigeni australiani. In genere rappresentano soggetti animali organizzati in modo simmetrico e distribuiti in zone geometriche. In una singola icona, sintetica e plurale, esistono più livelli ontologici calettati l’uno nell’altro: a) la corteccia è la mappa di un dato territorio; b) gli animali sono i totem di uno o più clan; c) gli stessi animali sono i protagonisti mitici di una narrazione del Dreamtime. In realtà per la mente del Nativo le tre cose sono una cosa sola, perché il territorio è visto come la “paesaggificazione” degli Antenati trasformatisi nelle forme naturali (topologia non topografia), perché la connessione tra animale ancestrale e animale totemico, tra Antenato e Avatar, è genealogicamente diretta (metonimia non metafora) e perché la natura della relazione tra i tre livelli è fisica (anatomia non analogia). Detto altrimenti, il Corpo del Mondo è la fusione di corpo terrestre, corpo animale e corpo sociale: geologia, biologia e politica sono facce dello stesso prisma. In questo prisma cosmopolitico/cosmopoetico viene poi immessa la parola: racconto mitico, racconto sociale e racconto animale sono un unico flusso/intreccio narrativo. Con il racconto subentra così un quarto elemento, il linguaggio. Presso gli Yolngu, ad esempio, sappiamo che il nome proprio è un “antropotoponimo”, cioè designa una persona e contemporaneamente ne indica il luogo di provenienza, collocando il soggetto tanto nel gruppo quanto nel territorio. Sempre presso gli Yolngu esiste un’importante connessione metaforico-metonimica tra corpo e linguaggio: si parla di “nomi-ossa”, “nomi-ginocchio”, “nomi-gomito”. Nella filiera corpo-linguaggio-paesaggio la parola gioca allora un ruolo di giuntura e di soglia tra uomo, mito e ambiente. Si potrebbe infine complicare il quadro ricordando che immagini dipinte e racconti non registrano solo una situazione passata o presente ma sono anche delle istruzioni per l’uso rivolte verso il futuro, sono dei mode d’emploi proprio come i songlines descritti da Chatwin sono mappe memoriali utili allo spostamento fisico (wayfinding) e spirituale (travel in the mind). Per fare worldbuilding la plausibilità è la regola aurea, ma questa coerenza va cercata in profondità, nelle connessioni di livello, nelle eco strutturali. Il giorno in cui uno scrittore riuscirà a fare qualcosa di simile a una corteccia dipinta australiana allora ci troveremo di fronte a un capolavoro assoluto.

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